Nel suo nuovo spettacolo Monica Guerritore ripercorre la propria lunga parabola artistica
Per un mostro sacro non deve essere facile raccontare la propria vita di mostro sacro mantenendo saldo il rapporto di equilibrio tra vita privata e palcoscenico, tra mura di casa e luci della ribalta. È ciò che cerca di fare Monica Guerritore attraverso il suo spettacolo La sera della prima (monologo scritto e diretto da Monica Guerritore, produzione di LuminaMGR), nel tentativo – con un’aneddotica per sua natura anche divertente, ma narrata con verve altalenante – di restituire il lato umano a una parabola professionale lunga mezzo secolo, unica e meritevole di riconoscimento.
Un percorso artistico, quello dell’attrice romana, che l’ha vista in panni multipli, da musa di Giorgio Strehler (che, dopo averla intravvista durante un provino, mosse mari e monti per ritrovare il volto che tanto gli ricordava Ingrid Bergman) a Manon, nei primi sceneggiati RAI a colori degli anni Settanta, passando per quell’intenso ruolo di moglie e collega di Gabriele Lavia durato sedici anni; Monica Guerritore è stata anche Emma Bovary, l’Anja del Giardino dei ciliegi, oltre che la protagonista di film sensuali tra gli anni Ottanta e Novanta, della serie tv Inganno, dove viene sedotta da un giovane Giacomo Gianniotti (scalando le classifiche di Netflix) e da ultimo, ma non per importanza, interprete dell’indimenticabile Anna, dedicato a un’altra immensa attrice italiana.
La scena si apre con una Guerritore anni 70, zeppe, pantaloni a zampa multicolor e una fascia a tenere i capelli, per rappresentare i colori del mondo all’epoca del suo debutto. Sullo sfondo, luci psichedeliche. La narrazione stenta a partire per quei battibecchi – da copione – tra lei, sul palco, e un regista che interloquisce dapprima dal buio per poi esplodere in un balletto, quasi in un goffo tentativo di prendersi la scena. Invano.
Non sia mai, infatti, Monica Guerritore è regina indiscussa del proprio mondo, dal quale – oltre a brillanti interpretazioni estemporanee, che ne restituiscono la grande caratura, mettendone in risalto la bellezza, la profondità della voce e una viscerale aderenza ai personaggi, come confermano la recitazione del Canto Primo della Divina Commedia, o le parole di Emma Bovary – fa emergere qua e là piccoli episodi di vita quotidiana: dai tradimenti del marito Gabriele Lavia (scoperti per caso grazie al di lui cellulare), all’ubriacatura con il liquore Strega prima di andare in scena, alla propria malattia di tumore – da non nascondersi perché può creare un legame con le spettatrici – e quella di Alzheimer della madre.
Una Giovanna d’Arco della vita e del palcoscenico, combattiva e capace di restare a testa alta anche di fronte alle avversità, come dimostra la pesante armatura che a un certo punto la Guerritore indossa, simbolo delle cadute che inevitabilmente contrappuntano la vita di ognuno di noi plasmandoci e trasformandoci in ciò che siamo.
Al termine del suo percorso esistenziale c’è un traguardo grande (ma, conoscendo l’attrice, destinato a diventare una semplice tappa anch’esso), rappresentato dalla realizzazione di quell’Anna che ha il sapore del progetto di una vita intera. Come dice la Guerritore stessa, «teatro dopo teatro, pubblico dopo pubblico, donna dopo donna», eccola approdare a un film su La donna, in altre parole, una delle massime esponenti della recitazione italiana del Novecento, vincitrice di un Premio Oscar nel 1956 per il suo ruolo di Serafina Delle Rose in La rosa tatuata di Daniel Mann: Anna Magnani, chiamata affettuosamente anche Nannarella.
Di Anna, film che verrà «portato in tutto il mondo», Monica Guerritore non ha solo curato la regia, ma ne è stata anche l’interprete principale. Per chi però, in sala a Locarno e a Chiasso, al termine de La sera della prima scorre davanti agli occhi per la seconda volta il trailer di Anna, con la Guerritore che compiaciuta presenta sé stessa in versione cinematografica, l’intero spettacolo da qualche parte assume un lieve sapore di marketing.
Unstoppable, inarrestabile, è il titolo della canzone di Sia che a un certo punto accompagna il monologo della Guerritore irrompendo a pieno volume. Che, tradotto nella realtà del palcoscenico, suona un poco come parlare di sé stesse per promuovere sé stesse attraverso sé stesse. Detto in inglese, più semplicemente, Me myself & I.
