Tesori nascosti / 10: un frammento perturbante del Rinascimento nordico custodito al Kunstmuseum di Basilea
Il fiume Reno scorre per 1250 chilometri partendo dalle Alpi Svizzere e morendo nell’Atlantico. Romain Rolland lo descrive come «una colata di luce», una delle maggiori vie di comunicazione e fonte di ricchezza e di cultura. Victor Hugo lo definisce «un fiume nobile, feudale, repubblicano e imperiale». La pittura tedesca, grazie anche al Reno, subisce l’influsso di quella olandese poi di quella borgognona e infine di quella italiana. Con il Rinascimento, infatti, l’Italia raggiunge tre vette: la prospettiva, la conoscenza dell’anatomia e quella delle forme architettoniche. Albrecht Dürer guarda proprio a Sud quando incide Adamo ed Eva nel 1504. Ma anche se le forme e le proporzioni sembrano perfette, Dürer è ancora lontano dalla bellezza dell’arte classica. E in questo si mantiene intrinsecamente nordico.
Giovane amico e allievo di Dürer è Hans Baldung Grien (1484-1545). Grien (che vuol dire verde) ha una predilezione, appunto, per il colore verde; dipinge dal 1512, parallelamente al Polittico di Issenheim realizzato da Matthias Grünewald, il capolavoro della cattedrale di Friburgo. Per farlo si trasferisce in questa città per quattro anni. Terminato il Polittico, l’artista è uno dei primi a subire il richiamo di Lutero. I suoi temi prediletti sono a questo punto le streghe con corollario di scheletri, fra superstizione e grottesco.
Verso il 1509-1510 Hans Baldung Grien dipinge Le tre età e la morte, oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Un piccolo lavoro nel quale si vede una giovane seminuda con uno specchio in mano, dietro di lei uno scheletro e in basso un bambino. Le interpretazioni sono molte: il fanciullo poteva essere un cupido e la vecchia-scheletro un’allegoria del vizio; un’altra potrebbe essere la degradazione naturale della carne: lo scheletro ha in mano una clessidra. Ma forse la più appropriata è che si tratti di un «gioco complesso della coscienza e dell’incoscienza della morte». In ogni caso, scrive Jean Wirth, è «un’allegoria della morte prematura». Isidoro di Siviglia nel suo Etymologiarum sostiene che ci siano tre tipi di morte: acerba, prematura e naturale.
La predilezione per il macabro è tipica nella cultura tedesca. Alla fine del Gotico internazionale, il Rinascimento italiano, attraverso le proporzioni del corpo, diventa perfezione, armonia e bontà . Nei paesi tedeschi il Rinascimento arriva dopo e il macabro medievale non passa mai di moda. La rappresentazione della morte permane, almeno nella cultura popolare. Ma i morti non possono rimanere uguali in ogni luogo e di conseguenza si muovono, attirano l’attenzione; l’incertezza del tempo. Scrive sempre Wirth: «In quanto investigazione sui segreti della vita e della morte, il macabro interroga e minaccia la fede, ma soprattutto, sviluppandosi distrugge le illusioni che l’hanno fatto nascere».
Il Kunstmuseum di Basilea custodisce parecchie opere di Baldung fra le quali La morte e la donna dove la prima bacia in bocca la ragazza. «Tu dormirai dolcemente nelle mie braccia», scrive Matthias Claudius nel suo Asmus. Allegoria della vanità e morte prematura.
Il Kunstmuseum di Basilea possiede anche diverse opere di Niklaus Manuel (Berna, 1484-1530) che trattano il tema della morte e la fanciulla e una piccola particolare penna colorata. Nella sua pittura arte e politica si mescolano. Firma i lavori col monogramma NMD dove la D significa o Degen (spada) o Deutsch. Dato che con la pittura non riesce a sopravvivere, diventa mercenario in Italia. Dal 1522 abbandona la pittura; una rinuncia radicale, forse unica in Europa. Nel 1523 viene eletto Balivo di Erlach. Nel 1528 è nominato alfiere della corporazione dei conciatori e nel 1529 presiede alla confisca degli apparati liturgici nei conventi.
Fra il 1515 e il 1519 esegue una danza macabra sulle mura del cimitero del convento dei domenicani di Berna. L’opera viene distrutta nel 1660 per allargare una strada adiacente. Tuttavia, fortunatamente, Albrecht Kauw nel 1649 ne fa una riproduzione prima che venga perduta per sempre. Hellmut Rosenfeld nel suo Der mittelalterliche Totentanz paragona l’opera a una mascherata carnevalesca come le pièces satiriche delle quali Manuel è regista ufficiale. Dopo la Riforma – Manuel è un seguace di Ulrich Zwingli – queste mascherate diventano Totenfresser (beccamorti). In uno dei diversi pannelli uno scheletro salta sulla sedia gestatoria del Papa e gli strappa la tiara. «Venite, Santo padre, uomo degno, dovete cominciare a danzare con me. Le indulgenze non vi sono di alcun aiuto, né la doppia croce, né la tripla corona».
Il suo dipinto in miniatura La morte e la ragazza del 1517 ritrae una figura in avanzato stato di decomposizione che inginocchiata solleva la gonna della ragazza e vi inserisce la testa. Per contro la ragazza dai lunghi capelli biondi e ricci alza le mani in segno di orrore e contemporaneamente mostra un viso tra lo spavento e il sorriso. Piacere e morte; qui la vanitas scompare per far posto a un triplo gioco perverso, come forse non ce ne sono altri. Dipinto cinque secoli or sono è ancor oggi una vera rivoluzione. Guardatelo ascoltando il quartetto d’archi di Franz Schubert composto verso il 1817 intitolato appunto La morte e la fanciulla tratto dai versi omonimi scritti da Matthias Claudius.


