Il pareggio ottenuto in Giamaica, ha fatto qualificare Curaçao per la Coppa del Mondo di calcio, che si terrà la prossima estate tra Messico, Stati Uniti e Canada. Curaçao è un minuscolo Paese costitutivo del Regno dei Paesi Bassi, che fino al 2010 faceva parte delle Antille Olandesi. È uno staterello che non se la passa male, grazie a petrolio e turismo balneare. I suoi 185mila abitanti hanno ereditato la cultura calcistica degli ex occupanti olandesi, grandi maestri. La loro maglia Nazionale è blu, ma i suoi membri sono quasi tutti «orange», a partire dal CT Dick Advocaat.
Ho visto qualche scampolo di gioco sul web. Non male, tuttavia contro avversari di medio e basso cabotaggio. Sono curioso di vederli all’opera al Mondiale, al cospetto di argentini, brasiliani, inglesi, tedeschi, spagnoli, francesi, svizzeri e olandesi. Sono convinto che riusciranno a raccogliere le simpatie di molti appassionati. Piccolo, in fondo, è un concetto che va sempre molto forte. Immagino però che la loro presenza all’evento più mediatizzato del globo, susciterà anche l’invidia di molte nobili decadute che assisteranno alla rassegna dal divano. Penso alle ex grandi dell’est europeo, alla Danimarca e alla Grecia, entrambe sul tetto d’Europa in tempi non così lontani, alla Serbia di Dusan Vlahovic. Magari anche l’Italia, vincitrice di quattro trofei, dovrà passare dagli spareggi, col rischio di mancare all’appello per la terza volta consecutiva.
Queste riflessioni mi conducono ai Mondiali di sci alpino. Quante volte abbiamo percepito l’indignazione di chi non si capacitava per l’esclusione del quinto discesista svizzero o austriaco, magari ex campione olimpico o mondiale, per fare spazio allo sciatore africano di turno che affrontava il pendio a spazzaneve?
La qualifica di Curaçao è figlia del nuovo schema adottato dalla FIFA (Fédération Internationale de Football Association) che ha voluto portare all’atto conclusivo un numero più elevato di squadre. Si è passati dalle 13 squadre degli esordi, nel 1930 in Uruguay, alle 16 dell’edizione successiva, nel 1934 in Italia. Nel 1982 in Spagna si disputarono il titolo 24 nazionali. Nel 1998, in Francia, il numero lievitò a 32. Il prossimo anno addirittura a 48. A beneficiare dell’aumento saranno soprattutto le nazioni asiatiche e africane.
Mi chiedo se non valga la pena di mettere in scena, sull’arco del quadriennio, una lunga fase a eliminazione diretta, a partire dai 356esimi di finale, su su fino alla Partitissima che mette in palio il titolo mondiale. È una provocazione, non temete. Ma il caso di Curaçao mi fa riflettere sulle strategie della FIFA. Mi pare in netta controtendenza rispetto al mondo dell’economia e della finanza che, dalla globalizzazione dei mercati in poi, in perfetto stile neoliberista, sta concentrando la ricchezza in un numero sempre più esiguo di magnati. Nel calcio, invece, si punterebbe sulla ridistribuzione delle opportunità, della gloria, e della visibilità mediatica.
Indubbiamente, per paesi come Curaçao, come l’Iran, alle prese con una delle siccità più devastanti della sua storia, per il mezzo milioni di abitanti dell’isola di Capo Verde, o per la Giordania, con la sua fragile instabilità, la Coppa del Mondo potrebbe essere un’importante vetrina. Lo potrebbe essere quantomeno per qualche loro giocatore. Ma per il Paese? Un mese di serenità, passione, folle e pacifico delirio. Poi, il ritorno alla realtà renderebbe quest’ultima ancora più dura e insostenibile.
Confesso, sono diviso. Non so se applaudire questo slancio di democraticità della FIFA, come avevo fatto poche settimane fa per la vittoria del piccolo e umile Mjällby nel campionato svedese. D’altro canto, la storia di Curaçao mi scatena il desiderio, velleitario, di scavare alla ricerca di recondite motivazioni che, molto probabilmente, affondano le radici nella proverbiale avidità di denaro dei grandi organismi sportivi internazionali. Ma non ne capisco, né il disegno, né i meccanismi. Una tardiva adesione allo spirito e alla carta olimpica?
La passerella negli stadi del Mondiale non cambierà di una virgola le sorti del calcio in questi paesi, che beneficiano delle maglie larghe della FIFA. Potrebbe per contro avere delle ripercussioni negative su umori e investimenti in alcune grandi nazioni della storia. Che sia questo, il vero disegno dei padroni del calcio? Voglia di ridimensionare il vertice allargando la base?