Nadia Mikail, Incontriamoci alla fine del mondo, Il Castoro (Da 13 anni)
Pare che il mondo stia per finire, perché un asteroide è entrato in rotta di collisione con la terra: alla giovane Aisha, il cui punto di vista è al centro di questa storia, resta dunque poco da vivere. Sognava di entrare alla Facoltà di Medicina, di costruire una famiglia con il fidanzato Walter, sognava tante cose. Ma il mondo sta per finire. Potrebbe essere un romanzo distopico, questo, con cui la scrittrice malese Nadia Mikail esordisce nella letteratura per ragazzi, mietendo subito svariati apprezzamenti, e invece esso si smarca felicemente dagli stereotipi del genere, perché ciò che affronta è qualcosa di più profondo, di più esistenziale. Qualcosa che sta tutto in quel «poco» da vivere, un «poco» (ossia una finitezza) che riguarda noi tutti, esseri mortali, esposti inesorabilmente al fuggevole passaggio del tempo, creature d’un sol giorno, come scrisse poeticamente Pindaro: sin dall’antichità , infatti, filosofi e poeti hanno cercato di trovare un senso alla caducità delle nostre vite.

Il problema, sembra dirci questo romanzo, non è tanto quello di dover finire: a essere insopportabile è l’idea che questa consapevolezza rischia di togliere valore alla nostra esistenza. Ma è proprio la consapevolezza della sua fragilità che può aiutarci a darle valore. Ed è su questo, sul vivere pienamente la vita, in tutte le sue dolenti complicazioni, nei trambusti emotivi, negli inevitabili addii, nel coraggio del perdono, che s’incentra il romanzo. Aisha cerca ad ogni istante di dare un senso e un valore al suo tempo. E con lei i personaggi che la circondano, in questo viaggio attraverso la Malaysia alla ricerca della sorella maggiore June, andatasene da casa anni prima: il fidanzato, che le dimostra un amore solido, vero e forte; i genitori di lui; un gatto randagio che ha scelto di fare di tutti loro la sua casa. E soprattutto sua madre, Esah, figura intensa di donna che il lutto per il marito amatissimo ha reso depressa e spenta, suscitando la rabbia di Aisha («faceva male sentire che sua madre non aveva provato niente per metà della vita della sua figlia minore…»). Ma sarà proprio lei – che cercherà faticosamente di uscire da quella stagnazione e di ritrovare forza vitale – a fornire alle proprie figlie il senso del momento presente, offrendo loro, attraverso la narrazione di storie di famiglia, la memoria del passato: se anche «quelle storie non fossero sopravvissute, vivevano in quel momento». E forse, in quel momento presente di memoria del passato, si potrà riaccendere una speranza per il futuro.
Fabian Negrin, Cappuccetti Rossi, Giunti (Da 5 anni)
Le fiabe, è bene non dimenticarlo, appartengono al folktale, sono di tutti, non hanno copyright, perché nascono come racconti orali. Come tali viaggiano, nello spazio e nel tempo. E, come i miti, anche le fiabe si disperdono in mille rivoli narrativi. Alcune di esse hanno avuto più fortuna di altre, sono state trascritte e rielaborate da autori che ne hanno fatto dei testi letterari. Cappuccetto Rosso è una di queste e noi la conosciamo principalmente nella versione di Perrault (con morale esplicita, senza Cacciatore e senza lieto fine) e in quella dei Grimm (con il Cacciatore che salva bimba e nonna). Soprattutto alla versione dei Grimm si sono ispirati, in rivisitazioni o parodie, moltissimi autori per l’infanzia. Cito almeno il Cappuccetto Rosso, Verde, Giallo, Blu e Bianco di Bruno Munari; la versione in fiaba moderna di Roberto Innocenti; e due trascrizioni scanzonate e umoristiche: Il berretto rosso di Agostino Traini e il delizioso romanzo Lupo Due punto quindici di Ann Jungman, che speriamo torni in catalogo al più presto.

Alla versione dei Grimm si è ispirato anche Fabian Negrin, pluripremiato autore e illustratore, per questo bel libro che esce ora ne Le Strenne di Giunti. Negrin ne racconta dodici, di storie sui Cappuccetti Rossi, tutte con i personaggi-cardine e tutte a lieto fine. Ma non sono variazioni su un unico tema, sono proprio racconti molto diversi tra loro. Cambia il punto di vista, cambiano le prospettive narrative, ma soprattutto cambia lo stile, che può dar vita a registri di volta in volta drammatici o comici, irriverenti o teneri. E non dimentichiamo che queste storie sono raccontate anche dalle immagini, con cui Negrin illumina magistralmente i suoi testi: illustrazioni intense, in armonia con lo stile di ogni racconto, dove le prevalenti tonalità cromatiche dei rossi e dei verdi ci portano dentro questo bosco, facendoci sentire tutti, non importa quanti anni abbiamo, un po’ Cappuccetto Rosso. E un po’ Lupo, o nonna, o mamma, o cacciatore.
