Nasce la «Lugano Jazz Orchestra»: ne abbiamo parlato con il batterista Giacomo Reggiani
Avevamo recensito su queste pagine, lo scorso anno, il sorprendente concerto tenuto all’ex Studio Radio di Besso (fa un po’ effetto dire così…) dalla Nuova Orchestra Radiosa. Si trattava di un’iniziativa molto interessante, promossa dalla RSI per ricordare quella storica formazione musicale «d’epoca». Nello stilare il resoconto della serata, ci eravamo stupiti dalla formidabile qualità musicale degli orchestrali scelti. Si trattava di un manipolo dei nostri migliori giovani jazzisti, «promesse mantenute», potremmo dire, del nostro ecosistema musicale. Giovani che avevamo visto crescere sui palchi dei concerti e delle jam session, partiti per studiare nelle più importanti scuole svizzere, e tornati come professionisti di tutto rispetto.
L’impressione che avevamo riportato dall’esibizione era che quel gruppo di musicisti, «costretto» in quel repertorio di intrattenimento mainstream, avesse potuto esprimere solo limitatamente le proprie doti. Ci chiedevamo con interesse cosa avrebbero potuto suonare, invece, se le loro capacità fossero state messe pienamente a frutto e lasciate libere di esprimersi.
A distanza di quasi un anno, ecco che quell’idea trova modo di concretizzarsi, grazie al batterista luganese Giacomo Reggiani, e ad altri colleghi, usciti come lui dalle fila della Scuola di Musica Moderna di Lugano. Ma cominciamo da Reggiani: sicuramente uno dei batteristi più versatili in attività nel nostro cantone, viene da un curriculum formativo completo, portato a termine alla Scuola di jazz di Losanna e ha militato in varie formazioni a livello nazionale e internazionale. Ha collaborato con praticamente tutti i colleghi e compagni di SMUM, come i fratelli Quinn, Oliver Illi, Roberto Pianca, ma ha acquisito anche esperienza in ambito pop, collaborando con Andrea Bignasca, in particolare in vari concerti all’estero e nella realizzazione del suo album Murder del 2018.
Oggi, diventato docente di musica, raggiunta una situazione di relativo equilibrio economico (cosa non molto facile per i jazzmen) ha deciso di investire le proprie energie in un progetto encomiabile e coraggioso: raccogliere attorno a sé i bravi colleghi conosciuti nelle file della Nuova Radiosa e mettere in piedi un’autentica Big Band, un’orchestra jazz di «quelle vere».
«Ho cominciato a pensarci seriamente un paio d’anni fa. Mi chiedevo se non fosse possibile creare uno spazio musicale in cui far confluire i progetti e le energie di molti musicisti che conoscevo. Parlandone con il trombettista Nolan Quinn ho scoperto che anche lui aveva in mente qualcosa del genere. E quindi pian piano abbiamo iniziato a mettere in moto le idee. Certamente l’esperienza fatta con la Radiosa è servita a capire che ce la si poteva fare. Il sogno di mettere in piedi una big band si poteva realizzare, e pensando come metterla in piedi ho coinvolto da subito Nolan, Simon, fratello di Nolan e il pianista Oliver Illi».
Nel disegno dei due musicisti era proprio inscritta fin dall’inizio l’idea che l’orchestra dovesse servire a concretizzare dei progetti di respiro, magari ambizioso, da poter presentare a un pubblico ampio. «Un altro punto fermo del progetto era che segnasse chiaramente il suo radicamento luganese… E dopo numerosi tentativi siamo arrivati a “Lugano Jazz Orchestra” perché volevamo proprio segnare la sua appartenenza territoriale. Un’orchestra che fosse diversa dalle altre big band proprio per questa sua identità che è anche un omaggio alla tradizione jazz che Lugano si porta dietro da tempo. Sarebbe bellissimo, anche se sappiamo che sarà difficile, farla diventare un ensemble sostenuto dalle istituzioni. Sembra un’esagerazione ma in realtà ogni capitale svizzera ed europea ha la propria orchestra di musica moderna, ed è in tempi come questi che bisognerebbe sostenere iniziative che riportano umanità nella nostra società».
Da questo punto di vista il progetto della Lugano Jazz Orchestra è sicuramente ambizioso ma comunque affascinante, e proprio per questo va capito se può realmente radicarsi nel nostro ecosistema jazzistico. «Mah – spiega Reggiani – io vedo che il nostro cantone ha nel jazz un patrimonio di musicisti molto ricco ma anche molto frammentato. Ognuno porta avanti i propri progetti in modo autonomo. Un altro dei nostri obiettivi in effetti è che la Lugano Jazz Orchestra possa fungere un po’ da rete, possa fare uscire i vari artisti fuori dai propri orticelli. Lo scopo nel lungo periodo è di andare a rinsaldare un vero e proprio polo culturale per le musiche moderne che vedrebbe operare i nostri musicisti per creare un’alternativa a livello regionale. Bisognerebbe creare anche da noi la possibilità concreta di ascoltare musica diversa, più umana e suonata dal vivo».
Le idee di Reggiani e dei suoi compagni si vanno lentamente consolidando attorno ad alcuni punti fermi: «Il concetto di base sarebbe quello di creare un laboratorio di composizione. Ospitare musicisti affermati a cui affidare i repertori. Vorremmo dimostrare che una Big band non deve necessariamente suonare solo swing». Grazie alla proposta di Jazz in Bess, l’organico della Lugano Jazz Band ha potuto dare nei giorni scorsi un primo assaggio delle sue ambizioni. Speriamo veramente che l’esperimento continui e che dia i suoi frutti. I presupposti sono ottimi.
