È tempo di anniversari turistici. In Inghilterra si celebrano con grande rilievo i duecento anni dall’inaugurazione della prima linea ferroviaria pubblica, tra Stockton e Darlington. Pochi invece hanno ricordato i cento anni dall’apertura del primo motel, contrazione di Motor Hotel, ovvero un albergo progettato appositamente per gli automobilisti. Era il 12 dicembre 1925 quando due architetti, i fratelli Arthur e Alfred Heineman, inaugurarono il Milestone Mo-Tel di San Luis Obispo, a metà strada tra San Francisco e Los Angeles.
Se la ferrovia nell’Ottocento aveva aperto la via del Far West, nel periodo tra le due guerre l’industria automobilistica americana, con Ford in testa, era uscita dalla sua fase sperimentale, promettendo una vettura a ogni famiglia americana. Una sempre più fitta rete di strade cominciò allora ad affiancare i binari del treno, tra queste la leggendaria Route 66, da Chicago a Santa Monica. Seguirono i distributori di benzina ritratti da Edward Hopper (Gas, 1940) e appunto i motel, semplici edifici dove i guidatori potevano parcheggiare proprio davanti alla propria camera, scrollarsi di dosso la polvere e riposare, senza lunghe deviazioni dal percorso. «Lasceremo la luce accesa per te», era lo slogan efficace di uno di questi alberghi di transito.
Da quel momento i motel hanno raccontato sempre nuove pagine della storia americana: il turismo nei grandi parchi nazionali, così come i viaggi della speranza in cerca di lavoro e di futuro durante la Grande depressione degli anni Trenta. I pochi viaggiatori afroamericani utilizzavano motel a loro riservati, segnalati dalla celebre Guida verde, anche ben oltre il 1964 quando – sulla carta – il Civil Rights Act vietò la segregazione razziale nei luoghi pubblici. E ancora nel 1968 Martin Luther King Jr. venne assassinato al Lorraine Motel di Memphis.
In quegli anni, gli Stati Uniti contano sessantamila motel e le loro coloratissime insegne al neon diventano un’icona della vita americana. Nel famoso romanzo di Vladimir Nabokov, Humbert viaggia attraverso gli Stati Uniti con la dodicenne Lolita e consuma la sua relazione proibita nei motel. Ma proprio la facilità degli incontri clandestini ne rende l’immagine ambigua e trasgressiva. Infine nel film Psycho (1960) di Alfred Hitchcock, il fittizio Bates Motel entra nell’immaginario collettivo con la celebre scena dell’assassinio della protagonista Marion sotto la doccia, in un’atmosfera di paura, isolamento e alienazione.
Negli anni Settanta tuttavia la costruzione di oltre diecimila miglia di autostrade completa la rete cambiando completamente il quadro. Molte storiche statali decadono – per esempio la Route 66 viene declassata nel 1985 – e grandi catene dell’ospitalità prendono il posto dei piccoli motel a conduzione familiare. Il loro tempo sembrava concluso e tuttavia, dopo un lento e apparentemente inarrestabile declino, costellato di chiusure, negli ultimi decenni i motel sono stati riscoperti, tra nostalgia per un passato idealizzato e storia dell’architettura.
Alla svolta del millennio, il Congresso ha posto un vincolo di tutela sui motel più famosi; alcuni edifici storici sono stati acquistati, ristrutturati con eleganza e rimessi sul mercato con prezzi per le stanze un tempo impensabili. Infine i circa quindicimila motel rimasti sono stati particolarmente apprezzati durante la pandemia per gli spazi aperti, le scale al posto degli ascensori e l’accesso diretto alle camere. Ma già il film Thelma & Louise (1991), raccontando una fuga attraverso il sud degli Stati Uniti con frequenti soste nei motel, era tornato a celebrare il viaggio in auto come percorso di trasformazione e manifesto di emancipazione femminile.
Dopo la Seconda guerra mondiale il modello del motel americano si diffuse anche in Europa, insieme alle autostrade e all’automobile per tutti; per esempio, dalle nostre parti, il Motel Gottardo Sud a Quinto. Altri esercizi simili hanno invece evitato di adottare questo nome, pur svolgendo un’attività simile. Ma in Europa ci si è limitati alla funzione pratica di queste strutture, senza sviluppare, come negli Stati Uniti, una cultura della strada, del viaggio, della libertà.