Luoghi che raccontano una storia umana e politica alla ConsArc di Chiasso
È un filo lungo ormai 149 esposizioni quello che la ConsArc (Conservazione&Archivio) di Chiasso – una delle poche gallerie della Svizzera italiana dedicate esclusivamente alla fotografia – cominciò a dipanare nel lontano giugno del 1990, ospitando un grande nome della grafica elvetica e internazionale come Max Huber, il quale per l’occasione mise a disposizione il suo talento – e il proprio archivio – di fotografo. I coniugi Daniela e Guido Giudici, lasciato un tranquillo lavoro in un istituto bancario, si buttarono coraggiosamente in un’avventura cultural/commerciale scegliendo subito la «fine art» fotografica piuttosto che il fotogiornalismo e le immagini per così dire classiche (e più volte viste e riviste). «Volevo diventare fotografo, ma mi resi subito conto che fosse meglio dirottarmi sul mestiere di gallerista!», confessa Guido; il quale, dopo la prematura scomparsa della moglie Daniela nel gennaio 2024, ha ri/preso da solo il testimone della ConsArc.
Fedele allo spirito originario della Galleria, e cioè quello di presentare una «fotografia altra», propone adesso il lavoro di una coppia di artisti. Fabio Tasca, classe 1965, laureato in filologia slava, il quale svolge la propria professione di traduttore e fotografo a Como; e Giuseppe Chietera, diplomato all’istituto R. Bauer di Milano, nato a Schmerikon (Canton San Gallo) nel 1966 e oramai locarnese d’adozione. Soliti a lavorare autonomamente, dopo però aver scelto insieme un argomento sul quale riflettere, eccoli proporci un’expo dal titolo criptico: F-1386 /N 1387. Era l’intestazione di due treni di cui il primo, per decenni, ha portato in Svizzera, Germania o Belgio migliaia di emigranti dall’estremo sud d’Italia. Il secondo era invece quello che riportava verso il Meridione i cosiddetti Gastarbaiter.

Giuseppe Chietera, Via della Morettina, Locarno (TI-CH) #20 – 2018
Vocabolo in apparenza gentile (letteralmente: «ospiti lavoratori»), dietro il quale tuttavia si nascondeva un marcato razzismo. Dopo aver già subìto per anni l’oltraggio dello Statuto dello stagionale (che permetteva agli emigranti italiani di venire a lavorare in Svizzera, ma solo per nove mesi consecutivi, e per di più senza moglie e/o figli), oltre 300mila Gastarbeiter vissero l’angoscia di dover lasciare la Svizzera a causa dell’iniziativa anti-inforestierimento di James Schwarzenbach, che fu poi respinta il sei giugno del 1970 per un soffio (52 a 48, con una partecipazione record del 76%); il clima, tuttavia, per loro si fece pesante.
Tasca con la sua Hassenblad e Chietera con una Polaroïd («non professionale», ci tiene a precisare) rievocano quei momenti terribili e, attraverso i loro scatti, immaginano il nostro Paese senza più operai stranieri.
Le loro foto catturano la solitudine, le speranze e le difficoltà di un’epoca in cui l’emigrazione nasceva da una necessità, non una scelta. Capannoni industriali abbandonati, saracinesche abbassate davanti a parecchi negozi, legni e mattoni dimenticati ai piedi di un palazzo in costruzione; in assenza di giardinieri erbacce altissime di fronte agli edifici già portati a tetto. Nessuna presenza umana, nemmeno un volto, nelle opere presentate a Chiasso: un invito a riflettere sul dramma di quelle persone che si voleva semplicemente espellere in 24 o 48 ore. La mostra rappresenta dunque un’occasione importante, trasformando la fotografia (e di conseguenza la storia in essa contenuta) in magistra vitae, come già ammoniva il vecchio e saggio Cicerone, troppe volte rimasto inascoltato.
Dove e quando
F-1386 N-1387, Fabio Tasca (I) – Giuseppe Chietera (CH), Chiasso, ConsArc. Orari: me-gio-ve 10-12 / 15-18; sa su appuntamento. Fino al 16 novembre 2025. galleriaconsarc.ch
