La ventinovesima edizione del Premio Möbius si interroga sul rapporto tra le nuove generazioni e la democrazia
Nella società digitale il rapporto tra le nuove generazioni e la democrazia è un argomento cruciale. I giovani si sentono distanti dalle forme tradizionali di partecipazione politica? Quale rapporto hanno con l’informazione? L’intelligenza artificiale è un rischio o un’opportunità per la qualità del dibattito pubblico? Sono questi alcuni degli interrogativi sui quali rifletterà la ventinovesima edizione del Premio Möbius che si svolgerà a Lugano dal 2 al 4 ottobre presso l’Aula Magna dell’USI. Il ricco programma prenderà il via giovedì 2 ottobre con il MöbiusLAb Giovani realizzato in collaborazione con gli studenti del Liceo Lugano 1. La giornata di venerdì sarà invece interamente dedicata a Möbius Incontri mentre sabato saranno consegnati i diversi riconoscimenti. Tra questi il Grand Prix Möbius per l’IA al servizio della società sarà assegnato a Maria Grazia Giuffreda direttrice associata del Centro Svizzero di Calcolo Scientifico che presenterà il ruolo strategico del supercomputer «Alps» e della Swiss AI Initiative nello sviluppo di un’Intelligenza artificiale affidabile, inclusiva e orientata al bene comune. L’abbiamo intervistata.
Maria Grazia Giuffreda, lei ha partecipato allo sviluppo del Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS), una sfida iniziata anni fa a Manno e che ora vede all’opera «Alps», il vostro attuale supercomputer, ce la racconta?
Il CSCS è sempre stato, fin dal 2009, un centro che ha lavorato per essere innovativo e per cambiare il paradigma di chi faceva calcolo ad alta potenza. È stato il primo in Svizzera a installare una macchina di classe petaflop accelerata con le schede grafiche (GPU) per fare calcolo scientifico. Questa tecnologia nel 2013 era ancora abbastanza nuova e la nostra macchina si è rivelata la più potente in Europa per più di sei anni. I ricercatori scientifici in Svizzera hanno dovuto lavorare con noi per poter sfruttare questa tecnologia. Il CSCS all’epoca aveva scelto questa via perché voleva aumentare la potenza di calcolo senza aumentare il consumo energetico. Nessuno poteva immaginarsi, però, che 10 anni dopo, le schede grafiche sarebbero state assolutamente fondamentali per l’Intelligenza artificiale. Abbiamo poi firmato il contratto per comprare «Alps», una delle macchine più potenti al mondo per capacità di Intelligenza artificiale, alla fine del 2020. Nel 2022 c’è stato l’exploit della versione di ChatGPT che ha conquistato il mondo, così nel 2023 gli istituti di ricerca svizzeri si sono resi conto della grande opportunità che Alps avrebbe presentato e hanno creato quella che è stata chiamata la Swiss AI Initiative. Nel 2024 finalmente è arrivato «Alps».
In questo primo anno «Alps» su quali progetti ha lavorato? Qual è il primo bilancio?
In realtà non è ancora trascorso un anno, perché «Alps» è «entrato in produzione», come diciamo noi, a gennaio 2025, dopo una fase di controlli standard. Uno dei risultati più eclatanti è senz’altro stata la pubblicazione di Apertus, un Large Language Model svizzero. Questo se parliamo della parte di ricerca puramente legata all’IA. Per la parte scientifica bisogna dire, invece, che sei mesi sono pochi per avere già risultati notevoli, però, per esempio, la climatologia e la meteorologia grazie ad «Alps» stanno cominciando a utilizzare un modello più completo che permette di simulare insieme atmosfera e oceani.
E per il futuro?
Il futuro di «Alps» è piuttosto chiaro. Nel senso che la rivoluzione dell’Intelligenza artificiale sta facendo spostare anche la ricerca più tradizionale verso i metodi di machine learning per cercare di ottimizzare i calcoli. Quando parlo di ricerca tradizionale, intendo ambiti come la scienza dei materiali, la geofisica, la climatologia, la meteorologia e le scienze biologiche, per citarne alcuni. I ricercatori, infatti, si stanno muovendo per applicare i metodi di machine learning con l’obiettivo di ridurre quelle parti di simulazioni di routine che richiedono molto tempo computazionale, così da potersi dedicare maggiormente alle grandi simulazioni che permettono di rispondere alle domande scientifiche Questo permetterà di far avanzare la ricerca più velocemente. Per esempio, per essere più specifici, direi che per la Svizzera resta invariato l’interesse nella climatologia e nella meteorologia, perché purtroppo gli effetti dei cambiamenti climatici sono già sotto i nostri occhi e bisogna capirne l’evoluzione. Per questo è necessario creare quello che viene chiamato un «gemello digitale della Terra», il che richiede molte risorse a livello computazionale. La Svizzera è inoltre molto forte nel settore della scienza dei materiali, con il contributo dell’ETH di Zurigo, dell’EPFL e dell’EMPA. Un settore di ricerca veramente essenziale per l’innovazione, basti pensare al campo dei computer dove tutti ci dicono che siamo arrivati quasi alla fine dell’era del silicio, al quale bisogna trovare un’alternativa. Per tornare invece ai Large Language Models, posso fare l’esempio delle ricerche della professoressa Mary-Anne Hartley che all’EPFL ha sviluppato insieme al suo team un’applicazione che si chiama Meditron, che è un modello linguistico open source destinato al settore medico per accelerare la diagnosi. L’idea ora è quella di sviluppare Meditron utilizzando Apertus, condividendone i valori di trasparenza, affidabilità e legalità.
Tra le motivazioni del premio Möbius che le hanno conferito vi è il suo sostegno nel promuovere un’IA democratica e al servizio della società. Ma quali caratteristiche deve avere un’IA per essere democratica?
Un’IA per essere veramente democratica e al servizio di tutti deve essere assolutamente trasparente. Il che significa che si deve poter accedere ai dati sui quali è stata addestrata (una possibilità che finora nessuna delle Big Tech, che hanno lanciato tutti i vari chatbot che conosciamo, come Copilot, ChatGPT, Gemini o Deepseek, ha dato). Questo però non basta, i set di dati devono anche essere trasparenti, cioè è necessario che siano stati verificati e non infrangano nessun diritto d’autore, nessuna legge per la tutela svizzera o dell’Europa come l’European AI Act. Insomma tutto deve essere documentato e accessibile, trasparente e verificabile. Apertus per ora è l’unico LLM che rispetta tutti questi criteri. E questo è molto importante per creare fiducia tra ricercatori che condividono questi valori e tra i cittadini che eventualmente la utilizzeranno. Per andare verso un’IA al servizio di tutti penso inoltre che sia molto importante sostenere la sovranità digitale dei vari Paesi, perciò è essenziale che si mantengano e si sviluppino le competenze e le conoscenze interne. In questo senso Apertus per la Svizzera è stato un passo fondamentale dimostrando al mondo intero che un Paese piccolo come il nostro è stato in grado di creare il primo LLM completamente aperto. La speranza ora è che diventi uno sforzo europeo se non internazionale.
Molti ricercatori e scienziati mettono in guardia sui pericoli dell’IA. Lo stesso Premio Möbius si interroga sul fatto se l’IA possa essere una minaccia per la democrazia. Lei cosa ne pensa?
Personalmente non sono tra quelli che vedono l’apocalisse arrivare. In base a quello che conosco e in base alle ricerche scientifiche che vengono man mano pubblicate, non credo che l’IA diventerà una intelligenza indipendente. È uno strumento, sono metodi statistici, sono algoritmi, che ci aiutano là dove la mente umana è più lenta. È ovvio che come tutti gli strumenti può avere applicazioni positive e applicazioni negative. Non c’è dubbio che l’IA possa essere usata anche con scopi nefasti. Quello che mi preoccupa di più in realtà è la pigrizia mentale che potrebbe generare nelle nuove generazioni. La facilità di scrivere e raccogliere le informazioni e la mancanza di senso critico nel volerle verificare e validare potrebbero avere un effetto a lungo termine, non perché l’IA sia più intelligente di noi ma perché noi potremmo diventare troppo pigri.