Prevenzione: l’iniziativa promossa dal settore ricerca dell’Accademia Dimitri dopo la fase pilota torna nelle scuole con l’obiettivo di sfruttare le risorse del teatro come vettori di empatia e di coscienza di sé
Insinuazioni e commenti equivoci sull’aspetto esteriore, battute sessiste, osservazioni sulle caratteristiche sessuali, sul comportamento e sull’orientamento sessuale di donne e uomini. E ancora: telefonate, email, lettere, SMS o messaggi sgraditi con contenuti sessisti o allusivi, contatti fisici indesiderati. Avances abbinate alla promessa di vantaggi o alla minaccia di svantaggi. Fino alle azioni più gravi: atti sessuali, coazione o violenza carnale. È ampio lo spettro delle molestie verbali, fisiche o psicologiche. Come è possibile contrastare questo fenomeno così diffuso e in crescita? La risposta può apparire inattesa: con il teatro. S’intitola infatti così l’innovativo progetto promosso dal settore ricerca dell’Accademia Dimitri, la scuola affiliata alla SUPSI: Prevenire le molestie attraverso il teatro fisico. L’iniziativa – sperimentata lo scorso anno con successo con circa 160 studenti e studentesse e 40 docenti al Centro professionale tecnico di Trevano, al Dipartimento formazione apprendimento-Alta scuola pedagogica (DFA-ASP) e alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, nonché alla stessa Accademia Dimitri a Verscio e Avegno – ha appena superato con successo la fase pilota e da autunno tornerà nelle scuole appena enumerate per dar luogo a una fase di sviluppo e monitoraggio. Successivamente potrà estendersi ad altre scuole superiori del Cantone e in altri contesti scolastici e formativi. Entriamo nel vivo del progetto, con uno dei suoi promotori, il docente e ricercatore dell’Accademia Dimitri, Mathieu Horeau. «L’obiettivo principale è quello di prevenire le molestie attraverso pratiche di teatro fisico, favorendo la consapevolezza e l’empatia, sviluppando la percezione dei limiti propri e altrui e riconoscendo i segnali di disagio. Secondo la nostra esperienza all’interno dell’Accademia Dimitri, partire dalle pratiche e dal vissuto individuale del corpo è importante. Le nostre tradizioni teatrali sono prevalentemente non verbali, incentrate su corpo e movimento. Nell’approccio esperienziale di questo progetto si cerca di evitare il linguaggio, che si rivela spesso un fattore di divisione. L’obiettivo è di sfruttare le risorse del teatro come vettori di empatia e di coscienza di sé».
Mathieu Horeau, da autunnosarete di nuovo nelle scuole, cosa proporrete?
Sì, il progetto – di cui sono responsabili anche Demis Quadri e Angela Calia – dopo aver ottenuto il finanziamento dall’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo e a livello cantonale il riconoscimento dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (Ufag) e di altre associazioni, da novembre proseguirà con nuovi laboratori nei diversi percorsi formativi del CPT di Trevano, intitolati Lo spazio condiviso. Si tratta di una mezza giornata, quattro unità didattiche durante le quali il nostro team di ricercatori e ricercatrici, affiancato sempre da una psicologa professionista, sviluppa da un canto nozioni teoriche e poi pratiche, come ad esempio l’avvicinarsi e l’allontanarsi nello spazio con diversi livelli di velocità fra due partecipanti per riconoscere il tema dell’aggressività . O sperimentare un gesto, come mettere una mano su una spalla a un partecipante seduto al computer, che può stimolare riflessioni sul possibile disagio. L’attività dei workshop è partecipativa, interattiva, esperienziale e non intende essere né moralizzante né giudicante. Fattore cruciale del progetto è di partire dall’esperienza corporea e soggettiva per determinare un ascolto e una comprensione delle proprie sensazioni fisiche e delle proprie emozioni, in una cornice specifica di esercizi di gruppo, giochi teatrali, composizioni di movimento e musica, in cui ogni persona partecipante è chiamata ad essere protagonista della propria esperienza e co-protagonista dell’esperienza dell’altro. Il progetto si sviluppa adattandosi di volta in volta ai diversi gruppi di lavoro e alle diverse classi scolastiche, tenendo conto di età , genere, contesto scolastico, differenze. Questo lavoro si dedica appunto allo spazio, più o meno distante, che costantemente condividiamo nei diversi contesti personali, sociali e pubblici, ma che spesso abitiamo distrattamente o con scarsa consapevolezza. Nell’ambito delle molestie, l’elemento «spazio» è un fattore determinante e soggettivo: la percezione di sentire fastidio, invadenza relativamente alla vicinanza di qualcuno può essere molto diversa per ognuno, e i fattori che determinano questa sensazione possono essere altrettanto diversi da persona a persona. Nei laboratori si definiscono spazi di interazione e si forniscono strumenti-gioco, «regole» per scegliere costantemente come utilizzarli ed elementi per entrare in relazione con il proprio sentire e quello delle altre persone partecipanti. Inoltre sono previsti momenti di dialogo aperto, con domande sempre più attuali e urgenti cui è fondamentale dare voce, riflessioni sull’esperienza compiuta a partire dalle sensazioni provate e dal gioco teatrale sperimentato. Si forniscono insomma strumenti per riconoscere e affrontare situazioni critiche nel contesto della prevenzione delle molestie.
L’iniziativa non ha ancora concluso il suo percorso…
Esatto. Adesso si tratta di raccogliere feedback e dati, focalizzandoci sugli aspetti qualitativi e quantitativi del progetto di prevenzione. Ci attende un lavoro di valutazione e riaggiustamento dei percorsi laboratoriali sviluppati nella prima fase pilota. La nostra ambizione è di sviluppare il progetto in modo tale da poter oggettivamente quantificare i progressi sul piano della prevenzione delle molestie. Questo con una prospettiva di studio a livello neuro-scientifico, in collaborazione con l’Università della Svizzera italiana. Se l’impatto del progetto si rivelerà soddisfacente potrà passare dall’attuale settore di ricerca dell’Accademia Dimitri a quello dei servizi e diventare così uno strumento di prevenzione, destinato alla formazione di docenti o di figure professionali interessate alla tematica ed essere quindi diffuso in modo più esteso nel mondo della formazione.
Il bilancio finora è comunque promettente?
Le prime reazioni fra chi ha partecipato sono state molto buone. Creare uno spazio dedicato alla prevenzione crea già di per sé un impatto positivo. L’idea è di usare la memoria del corpo per lasciare una traccia duratura sulle nozioni che cerchiamo di trasmettere. Per diversi partecipanti, se prima del laboratorio lo sguardo insistente di un soggetto poteva non avere alcun significato, ecco che dopo il workshop questo gesto è stato colto con la giusta attenzione in termine di possibili molestie e di un potenziale pericolo. E questo ha rappresentato senz’altro un primo esito chiaro e misurabile del nostro progetto di prevenzione.