Piccola guida per smarrire la strada

by Claudia
15 Settembre 2025

Colpo critico: improvvisare, divagare, perdersi: dal repertorio jazz ai road movie da tavolo, il desiderio di vitalità si misura nel coraggio di abbandonare la strada maestra

Russel Procope suonava il clarinetto nell’orchestra di Duke Ellington. Era una vita in viaggio, da una città all’altra, da un continente all’altro. Cominciò nel 1945 e rimase al suo posto per tre decenni, fedele all’eleganza del jazz. Ogni sera Ellington salutava il pubblico: I love you madly, diceva, vi amo alla follia. E poi via, tutti a interpretare i grandi classici del repertorio. In un’intervista Procope disse: «Può darsi che abbiate l’impressione che ogni sera suoni lo stesso assolo nel pezzo The Mooche. Ma ogni giorno cambio solo una frase, solo un pochino. Per me è sempre fresco».

Il filosofo Arnold Davidson, riportando questa frase di Procope, osserva che «mantenere la freschezza dell’improvvisazione è una sfida interiore, una lotta con sé stessi che mira a sradicare la rigidezza del sé e a proteggerci da una fissità senza vitalità» (Esercizi spirituali della musica. Improvvisazione e creazione, Mimesis, 2020). Questa è la ragione che ci spinge non solo a suonare, ma pure a scrivere, a dipingere, a viaggiare, a scegliere la strada più lunga per tornare a casa o a scambiare due parole con uno sconosciuto incontrato in treno. La «fissità senza vitalità» è la morte, lo spegnimento di ogni desiderio. A tenerci in vita, nel senso più spirituale dell’espressione, è invece la curiosità per il mondo.

Anche il gioco è un modo per restare in movimento, fin da bambini. La «fissità» di chi non riesce più a giocare è l’emblema della tristezza; questa è la vera vecchiaia, non l’età anagrafica. L’attività ludica ci insegna due grandi lezioni: prima ci dà le regole, la strada da seguire, e poi ci fa capire che per vincere la partita (o per finire la storia) è necessario perdersi, improvvisare, balzare fuori dalla via più scontata.

Questo si vede molto bene in un gioco narrativo come Ribbon Drive, creato da Avery Alder e pubblicato in italiano da Narrattiva nel 2024. Prima di cominciare ogni partecipante deve preparare una lista di musiche (ci si può mettere d’accordo sul genere). Poi, mentre si ascoltano i brani, si creano i personaggi, guidati da una serie di domande. Chi siamo, dove stiamo andando e perché? Come ci siamo incontrati? Che cosa ci aspettiamo da questo viaggio?

Ribbon Drive evoca l’atmosfera dei road movie ed è ispirato direttamente a film come Wristcutters. Una storia d’amore (2006) o Ogni cosa è illuminata (2005), che sono entrambi tratti da opere letterarie. L’autore stesso riferisce queste e molte altre ispirazioni, a partire da classici come Cuore selvaggio (1990) o Thelma e Louise (1991). Il gioco è preciso nell’indicare come costruire i tratti caratteristici dei protagonisti, così come nel suggerire il momento in cui inserire ostacoli e deviazioni. Nello stesso tempo lascia spazio all’improvvisazione, perché in sostanza si tratta di riunirsi intorno a un tavolo per inventare una storia con la guida della musica. È impossibile non perdersi, ed è questo il bello.

A chi ama giochi più strutturati, ma non per questo meno fantasiosi, suggerisco di provare Disc Cover, un raffinato party game cooperativo creato nel 2022 da Roberto Fraga e Juan Manuel Rivero per l’editore Blue Orange. Anche qui si tratta di scegliere a turno dei brani musicali. La scatola contiene cento immagini che riproducono la copertina di cento dischi immaginari. Sono piccole opere d’arte, create da settantatré artisti di ventisei nazioni diverse. Di volta in volta giocatori, da tre a otto, scelgono la copertina che più si abbina secondo il loro gusto e il loro intuito alla canzone che stanno ascoltando. Più le scelte dei partecipanti coincideranno, più sarà alto il punteggio finale. Disc Cover ha una meccanica basica, ma è congegnato con cura e non manca mai di suscitare un’atmosfera calorosa. I giocatori si guardano, cercando d’indovinare i pensieri degli altri, mentre i pensieri divagano seguendo l’intreccio di fili musicali.

Sia Ribbon Drive sia Disc Cover sono giochi essenziali: proprio per questo consentono un’esperienza profonda. Come scrive ancora Arnold Davidson, a dare sostanza e corpo all’inventiva non sono i virtuosismi, bensì la capacità di fare «delle cose assolutamente semplici». Nelle migliori improvvisazioni «ogni singola nota rivela un mondo, un’impronta individuale». Provate ad ascoltare la tromba di Miles Davis in Night of Tunisia (The Musings of Miles, Prestige, 1955). Vi verrà subito voglia di perdervi sulle piste di Ribbon Drive o di cercare fra le illustrazioni di Disc Cover l’immagine segreta dietro la musica. Non ci sarà un punto di arrivo, perché non è previsto, ma proverete il brivido di cominciare di nuovo a ogni frase, a ogni svolta della strada.