Il salotto di Sherlock Holmes a Lucens

by Claudia
26 Febbraio 2024

Alle quattordici e ventisette di un sabato pomeriggio a metà febbraio che sembra molto marzo, un po’ rintronato, scendo dal treno a Lucens. Località del canton Vaud sulla sponda sinistra della Broye, nota forse a qualcuno per la catastrofe nucleare sfiorata il ventuno gennaio 1969 e non so a quanti per via del salotto sherlockiano ricreato dal figlio di Arthur Conan Doyle (1859-1930) nel 1965, in una delle stanze del castello lassù, dove viveva con la moglie Anna, nipote del celebre favolista danese di otto lettere (Andersen). Quartogenito, Adrian Conan Doyle (1910-1970), oltre all’idea della ricostruzione visitabile del salotto londinese al 221b di Baker Street – spostata un ventennio fa in una casa del 1820 ai piedi del castello risalente al XIII secolo – e rombare in Ferrari nei dintorni, è stato anche un cacciatore di squali tigre.

La prima cosa che mi colpisce, accovacciato davanti a una bacheca di vetro, è la calligrafia minuta, lineare e sottile dell’autore dei cinquatotto racconti e quattro romanzi con protagonista lo straordinario Sherlock Holmes in compagnia del fedele Dottor Watson. Davanti agli occhi ho il manoscritto dell’ultima avventura: The Adventure of Shoscombe Old Place (1927). Accanto, appoggio il palmo della mano sullo scrittoio dove sono nate le sue prime avventure. C’è una sala-museo piena di reliquie, con carta da parati a motivo litchi, come preludio al salotto. Un paio di sci norvegesi di legno, in un angolo, introducono questo sport in Svizzera proprio grazie a Sir Arthur Conan Doyle sulle nevi di Davos. Tra gli altri memorabilia esposti, connessi a tre storie di Sherlock Holmes, potete ammirare un topo dei bambù imbalsamato proveniente da Sumatra, un serpente maculato a mollo nella formaldeide, una pipa usata nelle fumerie d’oppio dell’epoca. Nel 1894, per esempio, come l’anno in cui, al buio, nella stanza in fondo, m’immergo, dietro a un vetro, con una sola lampada sul tavolo che illumina fioca il salotto di Sherlock Holmes a Lucens ( 511 m ). A Meiringen – visto che lì alla cascata del Reichenbach avviene la scena in cui Arthur Conan Doyle ha cercato di uccidere il suo personaggio – avevo cercato di raccontarvi, nella prima avventura del mio viaggio in Svizzera partito dieci anni fa, un salotto simile ispirato da questo.

Una voce narrante registrata incomincia a raccontare la rava e la fava, togliendo forse un po’ di mistero e libertà a questo peep-show holmesiano. Eppure pensavo peggio, alla fine non è stato neanche male il racconto che dirigeva lo sguardo qua e là con altre lampade che s’illuminavano man mano. Ciò non toglie che vado di nuovo a indagare con i miei occhi, senza distrazioni auditive, a sentimento, per riportarvi qualcosa, ancora, come posso, di questo salotto vittoriano-punto di partenza di tante avventure lette tutte nella mia tarda adolescenza e rilette di tanto di tanto, nel corso di questi anni. Cerco, vicino al fioretto appeso, sulla carta da parati color carminio, il foro di un proiettile: una pallottola di rivoltella a punta dolce sparata da un fucile ad aria compressa di estrema precisione, realizzato da un armaiolo tedesco cieco di nome Von Herder, una sera di aprile del 1894, dal colonnello Sebastian Moran, «ex-ufficiale dell’armata indiana di Sua Maestà e il più famoso cacciatori di leoni di tutto il nostro impero coloniale», accovacciato al buio di una casa vuota di fronte, tratto in inganno da un busto di cera (eseguito da Oscar Meunier di Grenoble) in controluce che riproduceva le fattezze del più grande detective di tutti i tempi, mosso una volta ogni quarto d’ora, dalla signora Hudson in ginocchio. La solerte governante che teneva a bada il casino lasciato in giro da Sherlock Holmes e John W. Watson, come per esempio le pallottole estratte da un cadavere e dentro il portaburro, lì sul tavolo. I giornali sparsi in giro, tra le tazze di tè, l’angolo degli esperimenti chimici, le siringhe per la cocaina endovenosa, il violino, il tabacco nella babbuccia persiana, la corrispondenza infilzata con un coltello, sul bordo del camino. Camino vittoriano autentico, portato qui da Adrian Conan Doyle in persona, dove c’è l’attizzatoio stortato in un accesso di collera dal dottor Grimesby Roylott che aveva archittettato un delitto diabolico grazie a un mortale serpente maculato e ammaestrato.