Il necessario «cambio di pelle» dell’adolescenza

by Claudia
30 Ottobre 2023

Gentile dottoressa,
l’immagine della sdraio di famiglia da lei evocata nella sua risposta a Lia mi ha riportata fulmineamente a molti anni fa, quando anch’io – ormai diciannovenne – andavo ancora al mare con i miei ed ero una eterna brava bambina, esattamente come Lia (vedi «Azione» del 4.9.2023, ndr.). A 20 anni tutto questo è sfociato in una grave anoressia: cinque anni di digiuno (materiale e sociale) e solitudine durante i quali nonostante l’estrema magrezza mi sono laureata e ho iniziato a lavorare. Erano i primi anni 80, l’anoressia era praticamente sconosciuta, mi sono scontrata con un muro di incomprensione. È stata molto dura! Poi ho ricominciato (piano piano) a mangiare, ne sono uscita da sola, senza alcun aiuto, ma con tanta fatica. Per molto tempo non ho capito la causa della mia malattia. Sapevo che in realtà digiunavo per diventare eterea, per scomparire, ma perché? Poi (non molti anni fa, e ora ne ho 63!) ho capito: avevo intrapreso (inconsapevolmente) quel percorso così impervio per liberare la brava ragazza, quella che voleva sempre compiacere i genitori, forse per farsi volere bene. Da profana, auguro a Lia di riuscire anzitutto ad affrancarsi da questo ruolo (spero seguendo una strada più semplice della mia): dopo sarà tutto più facile!
Cordiali saluti
/ Laura

Cara Laura,
hai ragione, molti anni sono passati dalla tua anoressia e molti progressi sono stati fatti. Ma resta sempre una sindrome grave e insidiosa. Considero importanti le tue considerazioni perché mi confermano che, oltre a supporti medici e farmacologici, necessari per evitare il peggio, resta essenziale la scoperta delle cause psicologiche che, come nel tuo caso, si possono raggiungere con un percorso interiore di autoanalisi ma che è sempre preferibile condurre con l’assistenza di una valida psicoterapia. Sei rinata quando hai compreso che quella che voleva morire, o meglio scomparire, era l’immagine di «brava bambina» che i tuoi genitori ti avevano attribuito e che, a lungo, non riuscivi a scrollarti di dosso.

Questo «cambio di pelle» è un compito dell’adolescenza e, quando non avviene, l’involucro s’indurisce sino a soffocare le energie vitali. Per fortuna ti sei laureata e hai incominciato a lavorare. Frequentando altri ambiti, hai potuto essere guardata con occhi nuovi e ricevere valutazioni che premiavano non la dipendenza ma l’autonomia. Pian piano la tua identità è cambiata sino a riuscire a sottrarti, senza paura di non farcela, alla protezione di mamma e papà che sicuramente hanno agito per amore ma anche l’amore può essere troppo.
Spesso si tratta di un amore adesivo che non sopporta la presa di distanza dei figli, che non concede, nella convinzione che sia per il loro bene, che divengano diversi da come li avevano sognati e cresciuti. Per evitarti di soffrire e per renderti felice, i tuoi genitori ti hanno chiusa in una gabbia dorata, ma pur sempre una gabbia. Probabilmente, evitandoti di rischiare, di sbagliare, di cadere e di rialzarti per faticosamente ricominciare, ti hanno risparmiato lividi e fratture dell’anima. Ma senza scegliere e senza assumersi le conseguenze delle proprie scelte non si cresce, non si diventa adulti. Anche l’amore, di cui tu non parli, è un intreccio di gioia e di dolore in quanto chi ama ha sempre paura di essere deluso, sostituito, abbandonato.

Ci vuole forza d’animo per superare gli ostacoli che la vita ci pone davanti e tu ne hai avuta tanta, anche se un po’ tardivamente. Spero che il tuo esempio possa servire perché i nuovi genitori riconoscano l’importanza di sciogliere l’abbraccio iniziale e aiutino i figli a volare con le proprie ali.