Occorre sappiano i fedeli lettori dell’Altropologo che questi di quando in quando abbandona l’eremitaggio montano dove vive per scendere in città e toccare con mano le novità che, altrimenti, viste, lette e dimenticate nel fin troppo comodo web, finiscono per diventare più noiose di quanto già di per sé siano.
L’altro giorno in città c’era un’aria strana. Come se in qualche modo i conti non tornassero: per le strade, nelle vetrine, nei bar era come se mancasse qualcosa. Di cosa si trattasse divenne chiaro all’improvviso, all’interno di un Omniamarket cinese dove l’Altropologo si rifornisce di mollette per il bucato. Lì, su uno scaffale peraltro dei più piccoli, in basso e pertanto in subordine commerciale alle mollette da bucato, era offerta una collezione di gadget relativi ad Halloween a poco prezzo e ancor minore qualità. La zucca si accese all’istante: nel paesaggio urbano mancava qualsiasi riferimento alla festa che aveva spopolato almeno dagli ultimi due-tre decenni da questo versante delle Alpi come nel resto dell’Europa continentale a partire dalle isole britanniche. Era stata allora un’esplosione di zucche e teschi, ossa e cappelli da strega, ragni, ragnatele, vampiri, pipistrelli e scorpioni, un’invasione di dolcetti di ogni sorta. Zucche in offerta dai verdurai – magari già col lumino incorporato se non psichedelici ministroboscopi da discoteca (visti a Napoli), il Grande Cocomero riproposto come tormentone coi cartoons dei Peanuts – anche se con la Zucca il Grande Cocomero non c’entra niente poiché è il risultato di una originale cattiva traduzione di Great Pumpkin (la Grande Zucca) laddove cocomero è invece Watermelon… ma queste sono sottigliezze linguistico/tassonomiche che poco importano a credenti e praticanti il culto della maxicucurbitacea.
A meno che – a meno che – non si voglia malignare che la traduzione difettosa non sia stata una mossa editoriale/commerciale per introdurre il Grande Cocomero come una novità da importare dall’egemonizzante cultura pop anglosassone, per oscurare il fatto che la Grande Zucca in chiave allouinista in Italia era (stata?) già ben rappresentata nelle pratiche folcloriche. «La Morte Secca», così dal Veneto alla Toscana, dunque nelle aree della penisola di cultura «celtica» (qualunque cosa poi voglia dire tale etnica complessa e problematica) era portata di casa in casa dai bambini nella forma di una zucca issata in cima a una pertica e scolpita a forma di teschio con all’interno un lumino. Nell’area bolognese l’usanza consisteva nella recita di una cantilena che invitava i donatori a onzar al sprocc – laddove lo sprocc che veniva «unto» era un virgulto di salice appuntito sul quale venivano infilate le salsicce raccolte in questua. Com’è noto ormai a tutti, Halloween, il Samhain celtico che significa «fine dell’estate», segnava l’inizio del Nuovo Anno. Con la cristianizzazione e il sopravvento dell’inglese come cultura dominante, Samhain divenne All Hallows’ Eve, dove Hallow è la parola arcaica inglese che significa Santo: e dunque la vigilia (Eve) di Ognissanti. I Celti condividevano con le culture europee che allo scadere dell’Anno i defunti ritornassero sulla terra a festeggiare coi vivi la morte dell’Anno Vecchio e l’inizio di un nuovo ciclo primaverile. A rappresentare gli Antenati che tornavano sulla terra erano i bambini che in qualche modo «reincarnavano» i morti e raccoglievano offerte dai vivi in quanto spiriti protettori della propria discendenza. Fu l’abate di Cluny Odilone a cristianizzare Samhain come commemorazione dei defunti quando nel 998 diede disposizione ai monasteri dipendenti da Cluny di commemorare i Defunti ai Vespri della vigilia del Primo Novembre, festa di Ognissanti. Si riteneva ancora, allora, che chiunque morisse nella fede cristiana fosse automaticamente ammesso nel coro dei Santi. Certezza che venne man mano a svanire fino a quanto, nel XIII secolo, si consolidò la dottrina del Purgatorio, diventata dogma affermato poi con la Borsa dei suffragi tanto invisi ai Lutero e Calvino della Riforma. Con quella la Commemorazione dei Defunti si spostò al 2 Novembre, il resto è storia.
Sospetta l’Altropologo che le ragioni per la rinascita/successo/morte (anche se per certificare quest’ultima occorreranno autopsie da tenersi fra qualche anno) di Halloween dalle nostre parti sia il cortocircuito venutosi a creare da quando i Krampus hanno abbandonato la ditta Santa Klaus/Angelo/Diavolo per mettersi in proprio ed entrare a gamba tesa attorno al 6 Dicembre invadendo le analoghe pertinenze macabre di un Halloween ormai alla deriva dai suoi significati originari. Confusione, equivoci: tradizioni tradite, traduzioni arbitrarie, qui pro quo e corti circuiti culturali nell’epoca dove «l’autenticità» è sospettata essa stessa di frode commerciale. Ci rivedremo allora il 6 Dicembre a Filippi.