Tutti ‘sti turisti che son di troppo a chi li diamo?

by Claudia
23 Ottobre 2023

«Questi turisti a chi li do? Non li vuole più nessuno!». Così pensavo scorrendo le ultime notizie sulla stampa internazionale, selezionate dai miei studenti all’USI.

Anche dai luoghi più esotici si levano lamentele, come nel caso delle isole Galapagos, nell’Oceano Pacifico. Distante quasi mille chilometri dal Sudamerica, questo arcipelago ha sviluppato una straordinaria varietà di specie animali e vegetali. Non a caso proprio sostando in queste isole nel 1835, durante il suo viaggio intorno al mondo a bordo del brigantino Beagle, Charles Darwin intuì i primi fondamenti della teoria dell’evoluzione.

L’arrivo del turismo organizzato nel 1969 ha trasformato in profondità le Galapagos, aprendo al mercato un’economia di sussistenza e superando rapidamente i limiti della sostenibilità ambientale. Per questo si fanno sempre più stringenti le richieste di limitare il turismo rivolte al governo dell’Ecuador, padrone di queste terre. Negli stessi giorni anche il vicino Perù ha annunciato la sospensione delle visite ad alcune parti della sua principale destinazione turistica, la cittadella inca di Machu Picchu, Patrimonio dell’umanità UNESCO dal 1983. Quattromila visitatori al giorno (nonostante i 2490 metri di altitudine) sono davvero troppi e le mura degli antichi templi mostrano segni di erosione.

Non va meglio alle Hawaii. West Maui ha già riaperto ai turisti dopo i terribili incendi di agosto, le tante morti e la distruzione della città di Lahina. Molti nativi però stanno ancora lottando per tornare alla normalità e hanno criticato la scelta: «Il nostro dolore è ancora troppo recente». Ma le Hawaii dipendono quasi interamente dal turismo internazionale (tre milioni di visitatori l’anno per una spesa di oltre cinque miliardi di dollari) e l’alternativa è semplicemente la povertà. Sono lontani i tempi prima del colonialismo, quando l’economia di sussistenza sfamava i nativi e lasciava tempo libero per il surf.

Qualche esempio più vicino a noi? Era il 23 marzo 2008 quando nella vetrina della farmacia Morelli, in campo San Bartolomeo, fu acceso il «contatore dei veneziani»: un monito permanente contro lo spopolamento della città. Ebbene pochi giorni fa, per la prima volta, il numero di posti letto disponibili nel centro storico (49’693) ha superato quello dei residenti (49’304). La discesa di questi ultimi è inesorabile, dai 175mila del 1951. «Ci sentiamo come stranieri a casa nostra» racconta un attivista. «Ogni tanto vedo un veneziano per la strada e ci salutiamo da lontano, ma a parte questo siamo circondati da turisti». Si aggiungono poi gli escursionisti: nei giorni di punta quarantamila visitatori si riversano in città, tanto che dal prossimo anno sarà richiesto un biglietto d’ingresso di cinque euro. Ma a quel punto sarà davvero difficile distinguere la città da un parco a tema…

Per evitare di fare la stessa fine, Firenze ha dichiarato guerra agli affitti brevi, seguendo l’esempio di New York, Barcellona e Amsterdam. Nel centro storico saranno vietati nuovi affitti su piattaforme online (e il Governo annuncia provvedimenti simili su scala nazionale). Ancora nel 2016 Airbnb gestiva poco meno di seimila appartamenti a Firenze, ora sono più che raddoppiati. Nel frattempo la competizione dei turisti ha fatto aumentare gli affitti di oltre il 40%.

Anche storie di successo vanno a finire male. Negli ultimi quindici anni il turismo portoghese ha prosperato grazie ai pensionati stranieri, attratti da numerose agevolazioni fiscali e dal clima mite. Migliaia di francesi, britannici e italiani si sono stabiliti a Lisbona o nelle località balneari dell’Algarve. Ma presto sono emersi diversi problemi, a cominciare dalle tensioni con gli altri Paesi dell’Unione europea, irritati dalla perdita di entrate fiscali. Inoltre il costo delle case (nuove o in affitto) è aumentato dell’80% e molte famiglie portoghesi non possono più permettersi un’abitazione adeguata. Per questo, dal 1. gennaio 2024 sarà sospeso il regime fiscale agevolato (al momento i pensionati pagano un’imposta del 10% soltanto e fino al 2020 l’esenzione era totale).

Queste notizie che rimbalzano dai diversi continenti inevitabilmente interrogano anche noi. Abbiamo abbastanza turisti? Dovremmo smettere di promuovere la nostra destinazione prima che sia troppo tardi?