A passo d’uomo

by Claudia
9 Ottobre 2023

Nel tempo del cambiamento climatico l’autunno è la nuova estate. Ma i viaggiatori più esperti conoscono da tempo le dolcezze di questa stagione: la luce radente, il vento fresco, i profumi della frutta matura, i colori delle foglie (foliage) nell’estate indiana. L’autunno per me è soprattutto tempo di sentieri nei boschi, a mezza quota tra pascoli e boschi di castagni, faggi e tigli: sentieri conosciuti e sentieri da scoprire.

Un sentiero in sé è men di niente. Spesso nasce per caso: un uomo attraversa un prato e per qualche tempo nell’erba resta un segno appena percettibile del suo passaggio. «Viandante, sono le tue orme / la strada, nient’altro; / viandante, non sei su una strada, / la strada la fai tu andando» ha scritto il poeta Antonio Machado. Ma ecco che un altro uomo ricalca le orme del primo, rafforzando quell’incerta traccia. E poi un altro e un altro ancora…

Ci sono sentieri che fanno fortuna perché rispondono a un bisogno della comunità locale o dei viandanti e allora, prima o poi, qualcuno li consolida tagliando l’erba, selciandoli o proteggendoli con uno steccato. Giorno dopo giorno, i sentieri si differenziano dal paesaggio circostante, per esempio con alberi nati da un seme di mela sputato da un viaggiatore o da una nocciola caduta per errore dalla sua tasca. Se il terreno è arrendevole, e se sono continuamente utilizzati per una lunga serie di secoli, alcuni sentieri erodono il suolo in profondità, creando affascinanti vie incassate. A volte le fronde degli alberi ai lati si congiungono sopra queste vie cave, lasciando il percorso in ombra e creando un tetto verde attraverso il quale filtrano i raggi del sole, con suggestivi giochi di luce. Ma ogni sentiero, anche quelli più recenti, ha una storia da raccontare intorno alla sua nascita, un mito di fondazione. Forse per questo il poeta israeliano Yehuda Amichai ha scritto che «le parole sono cammini» (e viceversa).

Negli ultimi anni purtroppo, a causa dello spopolamento dei paesi, molti sentieri rischiano di scomparire. E come sempre accade, quando una parte della nostra vita sta per svanire, improvvisamente ne cogliamo tutta l’importanza. Questa sensibilità, al tempo stesso ambientale e culturale, è massima dove la Rivoluzione industriale ha lasciato segni particolarmente profondi sul territorio. Per esempio nel Regno Unito la protezione dei sentieri va in due direzioni. Da un lato i più importanti dal punto di vista storico vengono registrati al pari dei monumenti tradizionali, anche se sono assai diversi da una cattedrale o un castello: i sentieri sono lunghi, lineari, distribuiti lungo le proprietà di persone diverse. Poi si invitano i camminatori a percorrerli, anche per il solo piacere di farlo, ricongiungendo la propria esperienza personale a quella degli infiniti precursori. Come ha scritto Jim Leary sull’autorevole quotidiano britannico «The Guardian»: «Con il sentiero avevo un rapporto speciale. Che si tratti di sollevare la polvere dall’argilla cotta dal sole o di sguazzare nel fango bagnato dalla pioggia, i miei piedi hanno lasciato un segno e il sentiero, a sua volta, è entrato profondamente dentro di me».

Tutti gli scrittori di viaggio che ho amato hanno scritto di sentieri. Bruce Chatwin (In Patagonia, Le vie dei canti, L’alternativa nomade eccetera, tutti per Adelphi) raccontava che il suo stesso cognome veniva da lì: suo zio Robin, suonatore di fagotto, sosteneva infatti che in anglosassone chette-wynde significa «sentiero tortuoso». E il prediletto Sylvain Tesson, il più originale tra gli scrittori di viaggio francesi, una sera precipitò rovinosamente dal tetto di uno chalet di montagna, sul quale era salito in preda all’ubriachezza. «Se me la cavo, traverso la Francia a piedi» promise a sé stesso risvegliandosi dal coma dopo mesi di ospedale, appena sufficienti per ricomporre al meglio cranio, ossa e vertebre.

Tesson ha compiuto il suo voto, percorrendo faticosamente la grande diagonale dalla Provenza alla Normandia lungo i sentieri neri, ovvero i percorsi rurali dimenticati dalla civiltà dell’asfalto e del motore, sino a ritrovare le forze fisiche e morali. Il racconto di quell’impresa – Sentieri neri (Sellerio), trasposto nel film A passo d’uomo di prossima uscita – è una celebrazione della bellezza dei sentieri e del cammino.