Micro o macro, questo è il dilemma

by Claudia
25 Settembre 2023

I calciofili di Chiasso pare abbiano fatto la loro scelta: piccolo è bello! In barba alla tendenza miliardaria e filoaraba del calcio mondiale, nella cittadina di confine si riparte dalle radici. Intendiamoci, si tratta di una scelta imposta dal fallimento della vecchia gestione, che ha costretto il club rossoblù a ripartire dai piedi della scala.

Si sarebbe potuto immaginare uno scenario da The Day After, con le macerie di una storia ultracentenaria abbandonate all’oblio. Invece la gente si è raccolta attorno al nuovo progetto. Un progetto «a chilometro zero». Venerdì 1. settembre, a salutare il debutto ufficiale del Chiasso contro l’Arzo in 4a lega, c’erano 1051 spettatori. Una piacevole e sorprendente follia. Sono convinto che in Svizzera si tratti di un record, per una sfida giocata nella 8a categoria in ordine di importanza e di prestigio. Da giorni, Chiasso si era vestita a festa. Ha mobilitato gli anziani sostenitori. Si sentivano persino i sussurri di coloro che avrebbero voluto esserci, ma riposavano nel vicino camposanto. Ha saputo convogliare al Riva IV anche moltissimi giovani, ragazze e ragazzi. Sugli spalti opposti alla tribuna c’era pure una trentina di ultrà. Hanno dipinto il cielo con fumogeni rossoblu all’entrata in campo delle squadre. Lo hanno illuminato di fuochi d’artificio ancora prima che l’arbitro decretasse la fine della partita. Ma soprattutto non hanno smesso un solo istante di cantare e di incitare i ragazzi. C’era il risotto. La birra scorreva a fiumi. C’era un clima da festa popolare.

Sono tuttavia convinto che, oltre alla voglia di portarsi fuori – non dimentichiamo che si era alla fine di un’estate in cui le occasioni non sono mancate – la gente fosse sospinta anche da un atto di amore e di fiducia nei confronti del nuovo progetto allestito dal presidente Marco Armati e affidato alla guida tecnica di Damiano Meroni. Sentire lo speaker annunciare nella formazione cognomi come Martinelli, Arnaboldi, Righetti, Ragazzoni, ha probabilmente fatto scendere qualche lacrima sul volto di chi, parecchi decenni fa, seguiva il Chiasso dei Riva, Nessi, Albisetti, Lurati, Sulmoni, eccetera. Era un calcio casereccio, ruspante. Ha tentato, col passare degli anni, di trasformarsi in calcio business. Ha fallito.

Nonostante la dimensione «local», l’approccio del FC Chiasso al calcio regionale ha voluto mantenere alcuni elementi di «glamour». Dal calcio d’inizio, affidato ad Aldo Allio, cresciuto nelle giovanili dell’Arzo per poi approdare al Chiasso che, negli anni Settanta, era inquilino stabile della LNA. Alla corsa dei calciatori a fine partita verso il settore ultrà, per ricevere il meritato abbraccio per la vittoria. C’è stato spazio anche per gli immancabili fischi al pur ottimo arbitro, reo di non avere assegnato un calcio di rigore ai rossoblù. Non c’era il VAR.

Insomma, ingredienti da football «macro», ma con la consapevolezza che il futuro sarà «micro». Da Chiasso è partito un segnale importante. Ci racconta una storia il cui inizio ci riporta indietro di parecchi decenni. Una storia che, nel gioco delle «Sliding Doors», vorrebbe evitare di ripetere gli errori del passato. Per lo meno questi erano gli umori che si respiravano al Riva IV. «Cerchiamo di scalare in fretta la piramide fino alla 2a lega, poi fermiamoci un attimo. Per capire chi siamo e dove vogliamo andare».

Il susseguirsi di gestioni torbide e garibaldine, aveva umiliato il passato. Aveva infangato la storia. Questo Rinascimento non dovrà fare altrettanto. Gli spetta il compito di riportare il football alla sua classicità. Così pare desideri la gente. Gli appassionati sono disposti a chiudere anche due occhi di fronte a formazioni in cui non figura nessun giocatore proveniente dai nostri vivai. A condizione però che questa squadra veleggi sicura nel mare burrascoso del grande calcio nazionale, e perché no, internazionale. Ma se ciò non avvenisse, meglio offrire fiducia e spazio ai ragazzi del vivaio. Magari nelle leghe inferiori, ma avvalorando l’idea che il calcio, oltre a essere un gioco, è uno straordinario fenomeno formativo e aggregativo.