Il sentire del corpo nei giorni di canicola

by Claudia
18 Settembre 2023

Quando queste righe saranno pubblicate probabilmente ce ne saremo già dimenticati. Ci saremo già dimenticati dei disagi sopportati, chi più chi meno, durante i lunghi giorni di canicola livello 4. Ho pensato così di affrettarmi a scrivere, ancora in presa diretta, alcune considerazioni che queste giornate esagerate hanno suscitato in me. Eccomi dunque al computer, al buio, con il piccolo ventilatore da scrivania in verità poco performante, pronta ad affrontare quello che si spera sia davvero l’ultimo giorno di caldo infernale.

Questo racconto live, ancora in piena emergenza canicola, spero riesca a evocare ciò che abbiamo sperimentato in questi giorni. Lasciamo parlare dunque l’esperienza, perché la percezione della natura, e dei suoi volti inospitali, l’abbiamo vissuta in prima persona con il sudore ingestibile e tra le nebbie di una disarmante spossatezza: non abbiamo avuto bisogno di pensarla o di rielaborarla a partire dalle notizie che arrivano dal mondo.

Direttamente nei cali di pressione o in improvvise tachicardie abbiamo percepito la nostra appartenenza alla natura, il nostro essere corpo vivente, corpo che vive, nella totale assenza di differenza tra il nostro respiro e l’aria caldissima, tra la pelle e il sole che la avvolge, tra il passo incerto e stanco e la salita che lo attende. In questa assenza di differenza l’inospitalità dell’ambiente si è potuta manifestare come una condizione che riguarda anche noi, che è anche, forse soprattutto nostra: è stata un invito a interrogarci sul nostro modo di stare al mondo, e questo grazie alla potenza del sentire che precede ogni discussione e ogni teoria attorno al cambiamento climatico o attorno a cause ed effetti del cosiddetto antropocene.

Secondo MeteoSuisse domani pioverà, ci saranno temporali anche violenti che riporteranno un po’ di frescura e tutti saremo sollevati. Eppure la forza del sentire, anche quando ci mette in difficoltà, o forse soprattutto in quei momenti, non andrebbe rimossa alla prima occasione piacevole ma, al contrario, andrebbe custodita in noi ed ascoltata a lungo, e bene. A me pare infatti che anche il sentire di queste giornate sia riuscito a farci cogliere, attraverso il nostro intimo vissuto, un aspetto a volte trascurato di noi stessi che potrebbe nutrire di nuovi significati il nostro pensiero. L’esperienza di sentire fin dentro il corpo la nostra appartenenza all’ambiente, l’intensa quanto faticosa percezione di un’intima condivisione dei ritmi del vivere con la natura che abitiamo, ha potuto rivelarsi come un’apertura a una sensibilità ecologica originaria, più radicale, forse anche più autentica proprio perché nutrita da questa intensa esperienza.

Diciamo grazie, allora, alla canicola per averci offerto la possibilità di riconoscere sulla nostra pelle un di più di senso rispetto alle consuete parole con cui raccontiamo la natura e le attuali emergenze climatiche e ambientali. Il sentire del corpo può infatti offrirci una preziosa occasione per andare oltre nella comprensione. Quell’assenza di differenza vissuta in prima persona potrebbe essere stata un’occasione per andare oltre i limiti del nostro sguardo sempre autoreferenziale verso la natura: oltre l’approccio antropocentrico che sembra proprio invincibile, anche quando appare liberato da ogni esercizio aggressivo del suo potere.

I movimenti ecologisti sono portatori di una rinnovata e convinta consapevolezza della nostra appartenenza alla natura, ci rendono sempre più consapevoli dell’intreccio di legami che fanno della natura una dimora comune. Tuttavia, dalle proposte scientifiche per affrontare il cambiamento climatico o i problemi energetici, o ancora dalle preoccupazioni per la salvaguardia delle specie, emerge come l’antropocentrismo, seppur modificato rispetto a quello che ha ridotto il mondo a una risorsa da sfruttare, resosi più consapevole dei propri limiti e delle proprie fragilità, resti pur sempre all’origine delle nostre preoccupazioni per l’ambiente: per il nostro ambiente.

Sottotraccia rimane il linguaggio dell’avere che orienta il pensiero di noi stessi e della natura: abbiamo un corpo, abbiamo un ambiente da rispettare. Poi per fortuna ci sono occasioni, magari anche poco gradite, che ci fanno sentire che siamo corpo vivente, che siamo natura. E ci permettono di avvicinarci un po’ di più a quel rinnovato conosci te stesso che interroga con urgenza il significato della nostra umanità.

Comprendere che questo significato è radicato nel nostro essere corpo vivente può avere straordinarie ricadute etiche, non solo nel rapporto con la natura, ma anche nella umana condivisone del mondo.